lunedì 12 dicembre 2011

Una carezza

Sembrava niente. Erano piccoli attimi, silenziosi e intensi. Era da tempo che non provavo quella sensazione, di chi riesce a coccolare qualcuno con estrema dolcezza nonostante il dolore intenso. Io e i suoi occhi. Il mio cuore al pulsare del suo, lì su un letto freddo d'ospedale. Immerso nel silenzio di quel suo sguardo che voleva dirmi tutto e niente, che a stento mi riconosce e che mi grida aiuto. Ed io immobile. Ognuno ha recitato la sua parte, più o meno convincente, convinti di potersi meritare un posto nella mia vita. Io invece ho stilato la classifica di chi è stato meno presente e per questo immeritevole.
Era lì, davanti ai miei occhi, mentre le gocce di quelle flebo scendevano a forza, mentre il suo respiro nervoso si propagava lungo il suo corpo e faceva di me il punto di sfogo, uno sfogo che ho trattenuto a forza.
Eppure io c'ero. E c'era anche lui che mi cercava col suo sguardo mentre io, silenziosamente gli chiedevo conforto e gli accarezzavo la testa e le guance per farlo addormentare.
Mio padre era lì, su quel letto freddo ma c'ero anch'io, per fortuna.
Siamo tornati a casa questa volta, io con più forza e con il dolce ricordo di quelle carezze che non ha compreso. Lui con un nuovo punto di riferimento e il desiderio di capirci qualcosa anche se non potrà.

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