venerdì 26 febbraio 2016

E gli tenevo la mano

Chissà cosa c'è dopo la morte. Nessuno lo sa. Chi se n'è andato non può dircelo, non possiamo saperlo. Io spero ci sia qualcosa di meglio, serenità, un contesto di privilegi per tutti, niente guerre o dispute. Mi piace immaginarlo così. Mio padre se n'è andato, anche lui me lo immagino sereno e felice da qualche parte, fluttuante e sorridente come non lo è mai stato. Ha sofferto molto, troppo e quello che ha lasciato nonostante la sua decennale malattia è silenzio. Dentro il cuore di chi vuole bene gli altri resta solo silenzio, quando li perdiamo, dolore e silenzio che non si può descrivere.
Mentre a letto soffriva io ero lì e gli tenevo la mano, non potevo fare altro. Gli accarezzavo il volto e gli tenevo la mano come a trasformare i ruoli di padre in figlio e viceversa. Questa è l'atrocità della vita, del nostro assurdo destino. Ripenso al suo atteggiamento, dolore, agonia, lamenti, i suoi movimenti molto simili ad un feto, la sua posizione scolpita nella mia mente. Forse il mistero è lì, morire per rinascere, ricrescere, rivivere in qualche modo. Il suo fiato, sì, ricordo anche il suo fiato, come tantissimi anni fa, come fosse tornato bambino e il profumo del suo alito si fosse trasformato in quello del nuovo bambino che sarebbe nato.
Lo spero, sì, io spero che da qualche parte abbia potuto gioire e rinascere, sorridere e vivere, respirare.
Il resto è ancora silenzio che porto gelosamente dentro di me e che in qualche modo condivido con lui...

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